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Pochi giorni fa, vi abbiamo portato nel piccolo tesoro nascosto all’interno del Monastero di Santa Chiara: il bellissimo chiostro maiolicato. Sarebbe stato impossibile però non parlarvi del monastero stesso, anzi più che impossibile sarebbe stato sbagliato; è vero, noi cerchiamo di mostrarvi qualcosa di diverso rispetto alla Napoli che tutti conoscono ma questa basilica è così legata alla storia di questa città e al cuore del suo popolo che dobbiamo dedicarle assolutamente un piccolo post.
Il monastero ha una storia lunga secoli, la sua nascita risale addirittura al 1328, anno in cui terminarono i lavori di costruzione cominciati nel 1310 su progetto di Gagliardo Primario.
La chiesa fu voluta in particolar modo da Sancha di Maiorca, moglie del re Roberto d’Angio.
Sancha, così devota e così attratta da San Francesco e Santa Chiara di Assisi, fu costretta a mettere da parte la sua vocazione che l’avrebbe votata alla clausura, per adempiere i suoi doveri di regina e sposare Roberto.
Quella chiesa sarebbe stato il suo luogo, il ricordo della sua vocazione e avrebbe rispecchiato in toto, i principi francescani.
In realtà il Monastero fu aperto al culto solo nel 1340 e subito diventò una delle chiese più importanti di Napoli.
A impreziosire i suoi interni, le opere meravigliose di artisti da tutta la Penisola, come lo stesso Giotto.
Se la sua struttura iniziale era in perfetto stile gotico, bhè a partire dal 1700 qualcosa cambiò e le sue forme diventarono via via sempre più barocche. Questo avvenne tra il il 1742 e il 1796, quando a seguire il progetto di ristrutturazione ci fu Domenico Antonio Vaccaro.
Eppure la storia del monastero di Santa Chiara, non finisce qua. L’era moderna porta con se ben due guerre di cui la seconda è quella che colpisce di più l’intera umanità, le strappa la dignità e le cancella i ricordi.
Nel 4 agosto 1943, un bombardamento degli alleati, colpisce la chiesa di Santa Chiara, provocando un incendio disastroso. La chiesa brucerà per giorni. Il fuoco cancellerà moltissime tracce del passato glorioso della chiesa e alcune le ridurrà in frammenti. Frammenti, questo rimane dei bellissimi affreschi di Giotto presenti nella Chiesa.
“Munastero ‘e Santa Chiara…
tengo ‘o core scuro scuro…
Ma pecché, pecché ogne sera,
penzo a Napule comm’era,
penzo a Napule comm’è?!” f
Una ferita profonda per la città. Non il crollo solo di una chiesa, ma il crollo di una certezza…come potrebbe mai essere Napoli senza la sua Santa Chiara?
Fortunatamente, nel 1944, cominciano i lavori di restauro e ricostruzione della basilica che sarà riaperta al pubblico nuovamente nel 1953, così come oggi la vediamo. Un’unica navata centrale e sul presbiterio,il sepolcro di Roberto d’Angiò. Accanto ad esso, i sepolcri di Maria di Durazzo e del primogenito Carlo. Di fronte ad essi, l’altare maggiore di autore ignoto, databile al 300 e con il crocifisso in legno del XIV secolo.
Poste sui lati, all’incirca venti cappelle, sepolcri monumentali di nobili napoletani, una di queste, dedicata all’eroe Salvo D’acquisto
Non c’è cappella dove non ci sia una spiegazione dettagliata della struttura e della sua storia, tutti leggono, qualcuno lo fa ad alta voce.
In generale la Chiesa non è silenziosa, anzi sembra una grande cassa armonica che riesce ad amplificare anche il rumore dei passi sul pavimento.
Dall’esterno, arriva il suono di un’arpa, delicato ed elegante che quasi contrasta con il vociare confuso dell’interno.
Eppure tutti questi rumori, queste voci, questa musica, sembrano fatti apposta per il monastero; è così strano, un luogo che nasce per le clarisse, per ritrovare il silenzio e la pace e diventa poi un luogo del popolo per ritrovare le sue origini, la sua storia e la bellezza della sua terra ogni giorno.
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