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La domenica mattina ci sveglia con un sole caldo e il suono delle campane. Facciamo colazione con una splendida melodia suonata al pianoforte dal signor Felice, mentre la sua dolcissima moglie Betty si preoccupa che vada tutto bene. È meraviglioso quando persone che conosci da meno di 24 ore ti riservano così tante attenzioni con spontaneità e sincerità da farti sentire a casa.In realtà a Matera, tutte le persone incontrate sono state deliziose, a cominciare da un gentile signore in piazzetta Pascoli che vedendoci incantati dal paesaggio davanti a noi decide di spiegarci qualcosa sulla sua terra e dalle sue parole traspare un amore profondo per la città dei Sassi.
Lui ci spiega che Matera è una città dalle origini antichissime dal paleolitico al neolitico e non è mai rimasta disabitata.Ci spiega della Gravina,il canyon meraviglioso ai piedi della città. Ci racconta la storia del palombaro lungo di cui lui fu uno degli studiosi che per primo attraversó la grande cisterna in canoa quando fu ritrovata.
Siamo incantati mentre parla, come lui è incantato dal panorama che conosce da una vita ma che rimane sempre una “meraviglia”, come egli stesso definisce la sua Matera.
Ci incamminiamo tra i sassi siamo ormai curiosissimi di conoscere la città che ieri sera ci ha stregati: prima tappa il convento benedettino. Un piccolo luogo nascosto tra i sassi e sulla porta un anziano e gentile signore che invita per soli due euro a visitare un luogo scavato nella storia. Oltre ad affreschi antichissimi e le indelebili tracce lasciate dalla civiltà romana e quella greca, possiamo già avere un’idea di quale fosse la vita all’interno dei Sassi. Riusciamo a sentire l’umidità che si insidia nelle nostre ossa mentre poca debole luce entra da piccoli lucernari. All’interno vi è anche il tipico forno di Matera, il forno comune ove ogni famiglia si recava a cuocere il pane.
Pochi passi a piedi e in men che non si dica siamo a piazza San Pietro Caveoso, scattiamo qualche foto mentre la grande chiesa osserva l’intera piazza e controlla in canyon ai suoi piedi… il paesaggio è meraviglioso, da qui riusciamo a scorgere il famoso ponte tibetano che porta da una parte all’ altra di Matera.
Alle spalle é possibile vistare la casa grotta di Vico Solitario e fare un salto indietro nel tempo, una surreale passeggiata nella storia che però così antica non é, anzi é una storia che si ferma su per giù agli anni 50. La casa grotta ci mostra la vita quotidiana in quella Matera che qualcuno definì vergogna d’Italia.Un letto grande e alto perché sotto c’era il cibo per le galline. Cassetti che la sera diventavano i letti dei figli e una culla per il solo privilegiato della casa, colui che nasceva per ultimo, ancora troppo piccolo per dormire in un cassetto. Una piccola cucina e una piccola cisterna. Ancora, una vera e propria stalla perché si, con i propri animali si conviveva all’interno della casa.
Poi dal 1951 in poi, il silenzio. Uomini e donne costretti a lasciare la loro vita perché essa valeva troppo per lasciarsi morire in case umide, perché Matera valeva di più e non poteva essa stessa lasciarsi morire, abbandonata e dimenticata da uno Stato, da troppo tempo addormentato. Ma in queste mura umide, é rimasto un segno importante, é rimasto un pensiero malinconico ma così umano, così vero… la filosofia della miseria. Una vita fatta di cose semplici, dove tutto diventa funzionale e ogni avversità diventa uno strumento di sopravvivenza. Oltre alla casa grotta possiamo ammirare anche la neviera e la grotta naturale, luogo di ritrovo per i contadini dell’epoca.
Proseguiamo seguendo la nostra cartina di Matera e saliamo alla basilica di Madonna dell’Idris. Man mano che si sale, Matera si mostra in tutta la sua sobria e umile bellezza. Ai piedi della grande croce ecco la chiesa che si fonde con la roccia. La prepotente bellezza che orgogliosa mostra da lontano diventa tutto ad un tratto una silenziosa presenza. La sua sacralità è data dalla sua semplicità: non servono affreschi e dipinti per pregare il Signore, basta questa pietra solida e resistente così come deve essere la fede di si recherà in questo luogo.
Breve ma ricca pausa pranzo e si ricomincia a camminare dopo un bel caffè. Facciamo una passeggiata tra piazza del Sedile e piazza Vittorio Veneto.Camminiamo tra bambini che ridono e piogge di coriandoli e ci ritroviamo negli ipogei, ancora una volta il segno indelebile dell’onnipresenza della civiltà nella brulla Matera. Da lì ci prenotiamo per la visita al palombaro che partirà a breve e accoglie un massimo di 30 persone alla volta.
Il palombaro, ancora in fase di restauro e studio era “ il pozzo” dei contadini di Matera, la cisterna che accoglieva acqua piovana che sarebbe finita nelle case del contadini.Il tufo è rivestito di un particolare intonaco che lo rende impermeabile. Questa cisterna è alta 15 metri circa e ha una capacità di circa 5 milioni di litri d’acqua.
Sono le 17:30 circa e come in ogni giornata invernale che si rispetti è quasi buio ma non possiamo fermarci… ora dobbiamo raggiungere la cattedrale. Attraversiamo nuovamente i sassi e tra salite,stradine e un po’ di fiatone ci godiamo una splendida Matera che comincia ad illuminarsi. Come in un presepe, le case si accendo e d’improvviso i candidi sassi diventano quasi dorati sotto un limpido cielo cobalto.
È una domenica pigra, i nostri passi risuonano tra le strade e sembrano essere l’unico suono… poi una campana. Il tempo di alzare la testa e li ci osserva il campanile insieme alla cattedrale in piazza Duomo che nella loro eleganza sobria augurano la buona sera al panorama inginocchiato ai loro piedi.
La rigorosità e la semplicità dell’ esterno sono in netto contrasto con l’opulenza degli interni. Ricchi decori e raffinati affreschi ricoprono le pareti di questa grandissima chiesa, gremita di turisti più che di fedeli.Alcuni di questi affreschi risalgono addirittura al XIII secolo.
Ormai è buio, le persone che attraversano le stradine sono turisti come noi che cercano un posto carino che li ospiti per cena, in cui gustare qualcosa di casereccio e riscaldarsi in questa serata un po’umida. Anche noi ci organizziamo per cenare, senza però smettere di guardarci intorno, come fossimo immersi in un meraviglioso piccolo mondo antico.
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